Gruppo EPI Art & Co.

Un angolo prezioso del sito, un luogo opposto al silenzio ed alla clandestinità che quasi sempre accompagnano le persone con epilessia, un luogo dedicato a chi faccia dell’epilessia creta con cui plasmare cose nuove.

Con le Parole

Presentazione
È un’autobiografia un po' ironica sulla mia storia con l'epilessia e su tutte le perizie e le cattiverie che mi sono capitate nel tempo convivendo con le crisi
Sorrido a me stessa è il titolo di questa mia opera proprio perché ho trovato la capacità di essere una guerriera invisibile e di trovare un lato positivo anche dei momenti in cui lo sconforto sarebbe stato totale.
Non sono mancati i momenti di sconforto di abbandono di paura ma allo stesso tempo la sensibilità che mi contraddistingue è derivata da tutta una serie di fatti che mi sono capitati proprio a causa della nostra amica epilessia.
Non temete.... Il libro si fà leggere.. qualche parroco aveva avanzato l'ipotesi che l'epilessia fosse il demonio... sono stata sottoposta a pratiche di esorcismo Ma sapete cosa vi dico? Che a volte ringrazio questo male perché mi ha fatto crescere più in fretta rispetto a tante altre persone e mi ha fatto diventare adulta anche quando avrei tanto desiderato condurre un'esistenza da bambina spensierata, anche se non è stato così. 

Titolo del libro: “Sorrido a me stessa”

Abstract
Sorrido a me stessa parla della mia storia autobiografica con l'epilessia.
In esso sono contenuti una serie di racconti ironici e non per far capire al lettore quanto possano essere difficili l'inclusione, l'accettazione e il convivere con questa malattia.
Allo stesso tempo il libro incoraggia, si propone l'obiettivo di aiutare le persone con epilessia e non solo; spero di portare i lettori nella mia storia, fatta di tante vicissitudini
Il libro, pubblicato con Mazzanti editore. sarà disponibile indicativamente da metà novembre 2025, e sarà disponibile in tutte le librerie, nonché su Amazon in formato ebook (ci sarà inoltre la possibilità dell'audio libro completamente gratuito per essere ascoltato dal lettore sia dagli ospedali sia dalle RSA sia per chi ha difficoltà di lettura). 

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Panoramica del libro "Sorrido a me stessa"

Chiara, che ama farsi chiamare Chiaretta, si definisce una "guerriera invisibile".

La sua vita è segnata dall'epilessia, da malattie che non si vedono ma che pesano ogni giorno, da solitudini e cadute improvvise.

Eppure, pagina dopo pagina, la sua voce dimostra che si può trasformare la fragilità in forza, il dolore in ironia, la diversità in una forma di coraggio.

Tra ricordi d'infanzia, passioni calcistiche sfrenate per l'Inter, amicizie sincere e delusioni brucianti, l'autrice racconta la propria esistenza con disarmante sincerità.

Non c'è retorica, non c'è autocommiserazione: c'è il desiderio di condividere una storia vera, fatta di ospedali e sogni, di sorrisi e crisi, di crolli e rinascite.

Sorrido a me stessa è il diario di una donna che, nonostante le cadute, continua ad alzarsi e a ridere di sé.

Un invito a guardare la vita con occhi diversi, a scoprire la bellezza nell'imperfezione e a credere che, anche nei momenti più bui, il sorriso resti la forma più luminosa di resistenza.

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Presentazione
Sono Carmen Guida, nata a Taranto nel 1988. La mia vita è trascorsa fluidamente immersa in molteplici attività fino ai miei 27 anni, età in cui ho avuto la mia prima "indimenticabile" crisi convulsiva, il 30 giugno 2015: ma ognuna per me è memorabile. Soffro di epilessia da 10 anni ormai, sono farmacoresistente e, purtroppo, inoperabile.
La mia epilessia si è trasformata nel corso del tempo, iniziando dalle convulsioni, che attualmente ho saltuariamente, e che vengono controllate solo dai farmaci, fino ad arrivare alle quotidiane e numerose assenze in cluster, quelle che definisco "blackout totali". Ho una storia medica molto lunga ed assai complessa, che è stata definita dai dottori come "caso clinico".
Ahimè, non ha funzionato nessuna terapia, ed ogni farmaco che ho provato è stato sospeso per effetti indesiderati devastanti. Infatti, alla sfortuna della patologia se n'è affiancata un'altra; una grave allergia da DRESS già al primo farmaco somministrato, con la conseguenza di risultare allergica alla maggior parte degli antiepilettici esistenti ad oggi, e quindi avere a disposizione un numero veramente ridicolo di altre cure da provare.
Allo stato attuale assumo di base tre medicinali molto potenti, ma il mio corpo ed anche la mia mente riescono a tollerarli ottimamente, reagendo in modo "vivace" cercando di restare sveglia, vigile ed attiva il più possibile. In fondo, credo che la psiche giochi un ruolo vitale nella gestione della malattia, e senza addentrarmi in ulteriori dettagli clinici privati e spiacevoli, voglio far passare il messaggio della mia filosofia, ossia prenderla col sorriso ed affrontare tutto con grande forza, energia e coraggio. Davanti c'è la vita ed oltre le nuvole il sole risplende sempre. 


Post n. 1: “Mia cara epilessia”

Abstract

È uno scritto breve, che prende spunto dall'esperienza personale in quanto paziente, ma presenta alcuni tratti universali, mettendo in evidenza un punto su tanti: cos'è la vita pre e post epilessia?
Cosa avevo e davo per scontato e, invece, con la patologia resta una chimera e cosa ho provato la prima volta che sono entrata nel suo universo a me totalmente ignoto.
Ad ogni modo e nel suo piccolo, vuole infondere tutta la forza ed il coraggio che sono essenziali per affrontare questa "bestia invisibile", spesso ignorata dalla società moderna, escluso chiaramente il mondo della medicina.
Carmen Guida

Post N. 1
Nella letteratura scientifica si sa bene di cosa si tratti e non essendo epilettologa, bensì una delle tante persone affette da questa patologia posso esprimermi "solo" in quanto tale.
All'esordio inatteso di questa malattia ero ben cosciente di doverla decifrare in maniera minuziosa ma, dinanzi a me, avevo un codice incomprensibile. Non parlavo la sua stessa lingua ma, col tempo, me l'ha più o meno insegnata a suon di crisi, cadute, botte ed assenze.
Ero una ragazza sanissima e molto attiva, forse troppo. Studiavo e divoravo libri per la scuola, per l'apprendimento del francese e, successivamente, per l'università. Contemporaneamente, ogni giorno mi allenavo ed esercitavo per la danza, andavo a nuotare in piscina per migliorare le mie capacità fisiche, ed in ultimo avevo imparato anche a giocare a tennis. Uscivo con gli amici la mattina, il pomeriggio, la sera, la notte: non conoscevo né stagioni né lancette. E viaggiavo, tanto.
Non avevo un minuto libero.
Sono riuscita a laurearmi e, poi, specializzarmi col massimo dei voti in economia, lavorando frattanto per l'università stessa, e conseguendo il diploma per insegnare danza moderna. Insomma nulla di eccezionale ma, onestamente, neanche di ordinario.
Conclusi tutti i miei percorsi di studio per allontanarmi da Taranto, la mia tossica città natale, che non aveva nulla di interessante da propormi, decisi drasticamente di trasferirmi a Trento. Qui, dopo un periodo iniziale di mancato guadagno, trovai diversi lavoretti per poi approdare ad un posto definitivo ed a tempo indeterminato. Mi piaceva il lavoro che facevo, mi gratificava e, soprattutto, adoravo quella terra così ricca e carica di natura che respiravo ovunque andassi.
Sin da quando avevo 18 anni ho guidato qualsiasi tipo di auto; per diverso tempo ho portato una macchina grande ed abbastanza potente, e l'ultima volta sono stata al suo, e purtroppo "mio ultimo", volante, e ne ho una smisurata nostalgia.
Ricordo ancora quell'esplosione di emozioni positive che vibravano sulla mia pelle mentre, col braccio sinistro "affacciato" al finestrino aperto, la mia mano era intenta ad accarezzare ed acchiappare il vento. Dalle casse risuonava un live di De André e della PFM, o spesso de Led Zeppelin, Black Sabbath o Deep Purple. Intatta anche la meravigliosa sensazione del sole sul volto, e quella della libertà dei tanti chilometri percorsi in bicicletta la domenica mattina, e di quelli macinati per fare commissioni in giro in città, con l'unico scopo di evitare un traffico inutile e fastidioso.
Fantastici i brividi sulla neve; quel sentimento che pervadeva profondamente il mio stomaco mentre, imparando a sciare, scendevo rapidamente i pendii delle montagne, cominciando ad amare anche quello sport che rallegrava la mia anima.
Era straordinario, tutto straordinario. Ora è tutto straordinariamente impossibile.
Pertanto ho dovuto adattarmi per non vedere la vita come una prigione. Le ho sorriso perché ho sempre pensato che l'ironia rimane l'arma bianca migliore, che offre un riparo immediato e duraturo, ma non è immatura nelle sue modalità.
Cos'è successo e cosa ho provato quella prima volta?
Era il 30 giugno 2015, e l'estate aveva già bussato alla porta non pesantemente, però era già nell'aria ufficialmente. Era una giornata come un'altra per me, e stava volgendo al termine tra qualche chiacchiera e qualche risata di accompagnamento, con la luce soffusa ed artificiale del televisore. Ho in mente perfettamente la figura mio padre nella sua interezza. Preparai la cena, com'ero solita fare, e la presentai a tavola. Mangiammo con estrema tranquillità ed una volta finito, come d'abitudine, mi alzai per lavare le stoviglie, e mio padre si mise serenamente sul balconcino a godersi il cielo stellato e limpido. Di fronte al lavandino, un minuto più tardi, mi assalí un'impressione con caratteri simili a quelli dell'inquietudine: uno strano turbamento interiore impenetrabile nel suo perché. Scacciai quella suggestione, e non volli darle peso: mi soffermai sull'acqua corrente che scorreva sulle mie mani tra un piatto e l'altro.
Dopo una manciata di istanti le mie palpebre si chiusero, serrate come durante uno svenimento improvviso: il buio. Una volta rinvenuta e riaperto gli occhi, che percepivo praticamente "avvinazzati", vedevo sagome senza forma più che persone, e distinguevo un colore su tutti, quello arancione dei soccorritori del 118. Ero in una specie di post sbronza terrificante, con un mal di testa feroce mai avvertito prima.
Sentivo la voce di mio padre in lontananza come un'eco ovattata. Un secondo dopo vomitai quasi tutta me stessa in una bacinella, e ripresi a fatica conoscenza. Mi ritrovai a terra, stesa in una posizione piuttosto bizzarra, ed osservai stonata i visi di chi mi circondava. Quello di mio padre aveva cambiato colore: era grigio, preoccupato, ed instancabilmente mi chiedeva se stessi bene.
"Sorridendo" gli risposi di sì per tranquillizzarlo. Non avevo la minima idea di cosa fosse successo o, meglio, di cosa stesse per iniziare.
Quella notte indelebile di dieci anni fa è iniziato un lungo travaglio, ad oggi ancora non terminato, fatto di capitomboli, cicatrici e trasporti in ambulanza che, per riderci su, ormai definisco "la mia personale limousine bianca".
Avevo compiuto 27 anni da tre mesi esatti, ed avevo una voglia infinita di fare miliardi di cose.
Nonostante dei periodi veramente neri tra cui, per citare gli episodi più gravi, il rischio della mia stessa vita per allergia da DRESS al primo farmaco somministrato, dopo diversi anni anche un coma di tre giorni con tutto quello che ne è poi conseguito tra rianimazione e smaltimento di anestetici, e ciò che l'epilessia toglie inesorabilmente, sorrido e sono ancora qui, viva ed in piedi.
Quando tiro le somme intuisco semplicemente che è brutto; spiacevole accorgersi di non avere più l'equilibrio di prima, e scrivo da ballerina, amaro rendersi conto dello stato confusionale, effetto inevitabile dei medicinali ed amaro notare come la memoria venga da loro corrosa. Per vincere alcune di queste conseguenze, è "sufficiente" munirsi di una pazienza immensa, e trovare escamotage di ogni genere per tenere in forma il cervello, e per me la matematica è una di queste vie.
Metaforicamente l'epilessia è un po' come il "gioco della sedia" con una piccola differenza: da un momento all'altro ci si ritrova per terra perché sottrae, letteralmente, la sedia da sotto al sedere, intesa come l'insieme delle libertà che si danno per ovvie quando si è sani.
Su questo tema socialmente ancora "ignorato" scriverò un libro, con calma. Aggrappatevi alla vita ed alle cose, quelle più pure, che sono motivo di gioia, questo resta il mio messaggio.
A mio padre che non è più qui, ma che sento al mio fianco ogni sacrosanto secondo, grazie. E grazie a chi ci incontra casualmente durante l'esistenza e si prende cura di noi, anime fragili, che affrontiamo queste tempeste, amandoci in modo disinteressato oltre la malattia, scorgendo ciò che di bello risplende nel nostro nucleo profondo.
Carmen
Farmacoresistente ed inoperabile.

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Post n. 2: “Come un fulmine a cielo sereno!”

Abstract
Questo è un piccolo viaggio fatto di parole e simboli, dove l’epilessia viene paragonata ad un temporale, perché è una tempesta improvvisa che crea scompiglio e confusione. Non c’è nulla di personale in questa “escursione verbale”, c’è, invece, la volontà di risaltare la forza d’animo di chi sceglie di restarci vicino, fisicamente e spiritualmente, nonostante la poca semplicità nella gestione della malattia e di tutte le emozioni intese come “sue figlie inevitabili”.

Post N. 2
“Come un fulmine a ciel sereno!”, innumerevoli volte questa storica locuzione l’abbiamo ascoltata ed utilizzata come metafora. Questo esempio, tra mille altri, ben rappresenta visivamente l’epilessia.

Un temporale lo sentiamo arrivare, anche da lontano. Se non ne percepiamo il suo tipico ed inebriante profumo, potremo scorgerlo perché un improvviso groviglio di nuvole, o lento o veloce, si incammina verso noi. E se non osserviamo la mandria di nubi, è certo che avvertiremo la prima goccia su una parte della nostra pelle rimasta scoperta. Ed ancora, potremo udire il boato di un tuono come fosse un colpo di tosse, o veder prender fuoco le cicatrici del cielo che proprio da queste viene lacerato.

C’è sempre un modo per capire se sta per piovere, ma per una crisi epilettica non è così, anzi.

Lei arriva prepotente, con insolenza. C’è chi è consapevole che sta per averla e cerca rifugio per tempo, chi si risveglia assonnato, stordito ed offuscato con qualcuno che gli tiene la testa e gli stringe la mano con dolcezza, e poi c’è chi s’assenta, si blocca, si arresta, perde l’equilibrio o si trasforma in roccia, con totale o parziale incoscienza.

L’epilessia non conosce orari, festività, ricorrenze, stagioni, calendari e neanche emozioni. È quel lampo che folgora senza preannunciarsi sul come, sul dove e sul quando. In quei momenti noi, che conviviamo con lei ogni giorno, stiamo combattendo una battaglia senza elmetto, nudi.

Non è facile essere voi, che vi sentite impotenti e furiosi con lei. Non è facile mantenere quella calma, quel sangue gelido, essenziali anche per voi. Non è facile restare fermi e vederci “ballare” per terra, quando vorreste ardentemente, in silenzio, guardarci danzare su un palco. Non è facile perché, nel mentre, il resto del mondo continua a correre e scorrere, ma per voi si è fermata la vita. Non è facile trattenere il vostro dolore che si riversa negli occhi, pazientando che lei chiuda il sipario e s’interrompa. Non è facile non far sopraggiungere la stanchezza che provate per due perché, per il nostro bene, volete che lei scenda inappellabilmente dal treno della nostra esistenza e non ci risalga più. Non è facile dover sacrificare alcuni dei vostri sogni, e cambiare rotta per l’amore puro che provate per noi. Lo sappiamo.

Ma non è facile essere noi. Lei non l’abbiamo scelta, ci è capitata, come accade a quelle giostre perfettamente funzionanti che a quel giro decidono di non esserlo più.

Per voi e per noi abbiamo solo scelto di essere più coraggiosi di prima, se un prima senza lei è esistito, ed abbiamo deciso di mantenere l’umore il più alto possibile per non darle la possibilità di fare la guastafeste.

Non piove mai se il cielo è azzurro, interamente azzurro. Ma quando si presenta, lei viene col cielo grigio, a colori o meno. Possiamo solo renderle la vita più difficile di quanto lei avesse previsto, armati del vostro e del nostro valore.

A chi ci è sempre vicino, a chi ci ha incontrati sul sentiero della propria vita esprimendo, senza far rumore, la volontà di restare al nostro fianco. Siete e siamo degli eroi.

Carmen

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Post n. 3 Questione di prospettive: nel meno c'è sempre il più.


Grande o piccolo, il male dell'epilessia non porta esclusivamente sofferenze e privazioni. Io amo la matematica, e se dovessi paragonare la patologia a delle forme di calcolo la accostarei, in primis, a due operazioni molto semplici e note universalmente: la sottrazione e l'addizione.


( - )
L'epilessia genera molti "meno", portando via con sé, innanzitutto, indipendenza ed autonomia, costringendo chi ne soffre a dover cedere molto terreno in questo senso. Rinunciare a qualcosa, specialmente ad uno o più sogni, è sempre sgradevole, e questo vale per chiunque, ma quando avviene per cause che non sono sotto il nostro controllo ciò si tramuta in qualcosa di increscioso e mortificante.


( - )
Limitarsi in un numero elevato di attività, da quelle quotidiane ed alla portata di tutti allo sport, lascia una profonda desolazione.

( - )
Attraversare la strada e farsi una passeggiata diventa un grosso pericolo, lo stesso stare da soli in casa, nuotare o sciare sono sport da dover escludere, il lavoro si trasforma in una complicazione, l'impatto sociale ne risente esponenzialmente, e guidare è uno dei sacrifici che si trova in cima alla piramide. Tutto ciò ha segno negativo, è indubbio.

Nel corso degli anni, però, ho aggiunto mentalmente una linea verticale a tutti questi meno, ed è qui che torno alla matematica: l'addizione.

Quali sono, per me, i "più" dell'epilessia?

( + )
Per pura esperienza personale, grazie a questa patologia, sono riuscita ad individuare delle note favorevoli: tra queste spiccano le relazioni interpersonali di ogni natura.

( + )
Nelle numerose ospedalizzazioni che ho dovuto affrontare, si sono create delle amicizie vere, dei legami forti, che hanno vinto qualsiasi barriera imposta dalla malattia, e che sono tuttora in piedi nonostante la distanza fisica che non fa da ostacolo. Questi rapporti si sono rivelati essere come bilaterali ed unici, perché chi vive su questa fragile scogliera comprende più di chiunque altro il disagio a cui si deve resistere ogni giorno. Questa si è trasformata in una base solida per imparare a conoscere e riconoscere le anime buone, quegli affetti sinceri, limpidi e senza riserve, a tutto campo; quelle Persone che si impegnano seriamente, nel quotidiano, nelle premure e nelle attenzioni amorevoli a noi rivolte.

( + )
Ho eliminato le conoscenze fatte di circostanza ed opportunismo, e non si contano quelle che ho depennato da che non guido. Alcune di quelle che già esistevano, invece, sono rimaste, si sono rafforzate senza farsi intimorire: come si dice "meglio poche ma buone!". Insomma, la pulizia è stata lenta, ma automatica.

( + )
Spostando "l'occhio di bue" di qualche metro sullo stesso palcoscenico, gli eventi hanno teso a valorizzare la capacità di riorganizzare e rimodellare la mia vita: si sono sviluppate al meglio l'attitudine dell'adattabilità e della duttilità. Ho messo tutta l'energia possibile nelle mie gambe non potendo guidare, ho scoperto delle predisposizioni "nascoste" dovendomi astenere da cose che prima erano, per me, all'ordine del giorno. Ho esplorato mondi all'epoca poco evidenti, come la pittura, lo strumento della batteria e la scrittura (infatti eccomi qui), spronata da chi, ad oggi, mi è accanto ed ha grande intuito e sensibilità su questi temi.

( + )
Oltre a tutto ciò, che non mi sembra affatto di poco conto, ho potuto osservare come l'epilessia ha enfatizzato l'empatia, valore fondamentale per qualsiasi essere umano. Ha aggiunto audacia, non lasciando spazio alla paura. Ed in ultimo, mi ha insegnato a ridimensionare questioni alle quali avrei dato un peso specifico maggiore, ed a sorridere di più di quanto già non facessi prima.

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Alla fine della fiera, i segni positivi prevalgono sulla bilancia rispetto ai negativi. L'epilessia è stata ed è attualmente, per me, grande maestra ed insegnante di vita e di matematica.

Cercate di trovare ciò che di buono, in un modo o nell'altro, vi ha "recapitato": non guardate solo il nero, ci sono molti colori che vanno percepiti ed utilizzati nel modo migliore sulla propria tela.

Chiudo questo breve scritto con un pensiero che racchiude tutto: "Le difficoltà preparano le persone normali ad un destino straordinario" - C.S. Lewis (scrittore 1898 - 1963)

Carmen

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Post n. 4 "Convivenze critiche"

INTRO
Questo è uno scritto che esprime a chiare lettere quali sono i pesi dell'epilessia che, personalmente, percepisco come maggiori, ciò che mi manca di più. Alcuni potrebbero ritrovarsi ed altri no, ma sono dell'opinione che il proprio sentire è qualcosa di insindacabile e che ogni tanto dovremmo dargli più voce o più inchiostro. Questo ritengo sia universalmente valido.
ll testo non si focalizza esclusivamente sugli aspetti ostili della patologia, ed ai quali ognuno può dare un valore specifico diverso.
La sua trama, bensì, si conclude con un messaggio positivo; perchè l'epilessia va combattuta, da noi ogni giorno mettendoci tutto l'ottimisimo possibile, e lottando collettivamente anche per battere l'ignoranza su questa tematica, che porta i meno sensibili a pensare tutt'altro rispetto alle sofferenze che il paziente ha già nel suo fardello quotidano.
Per l'epilessa esistono gli antiepilettici, delle cure alternative, ed addiritura interventi chirurgici. Per l'ignoranza no.
Chi meglio di noi, in fondo, può far luce su questo argomento?


Voglio tentare nel descriverti ancora, questa volta soffermandomi su particolari fortemente personali, interpretando le conseguenze della tua "presenza che mi fa assentare".
Presentarti e spiegarti a chi non ti conosce, dettagliare quello che si è costretti a provare con te è un’impresa complicata. Anzitutto quando, subintanea, eclissi i miei sensi davanti a degli sconosciuti, imprigionando ogni mia espressione nel tuo tempo, quello che non esiste per chi ti ignora. Ebbene, la maggior parte di queste volte ti combatto con ansia per non farti risalire in superficie: ma, ahimè, non vinco sempre io. Quando perdo, e riaffiori di nuovo ad occhi estranei, coloro che sono superficiali mi giudicano come fossi una dissennata, o nei casi peggiori una "tossicodipendente seriale".
Questo fa nascere in me, inevitabilmente, disagio ed imbarazzo, ed al contempo fa emergere una grande verità: ad alcuni, quei cuori empatici e sensibili, ti si può rivelare, ad altri, meno letterati e gentili, no, è impossibile, perchè in loro la non conoscenza scatena il "panico dell'ignoranza".
Esiste un però: se non temo una vita con te, forse non ho paura di nulla. Forse verrai solo una volta a sfiorarmi, forse vivrai indisturbata per anni per poi andar via, di punto in bianco o gradualmente. Forse morirai con me, ma ho solo una certezza: io non morirò per te.
Sarai sempre abile a farmi sgambetti, a farmi tremare, ed a volte sanguinare, a non farmi essere presente al mondo con i tuoi perigliosi blackout, oscurando ogni mia percezione: sempre imprevedibile e sempre lunatica. Un terremoto invisibile, un mostro latitante, una tortura astratta.
Ci scontreremo in migliaia di lotte, ma io non sarò mai la tua serva né tu la mia padrona. È vero, mi spoglierai di tanti miei diritti limitandoli; avrai il potere di frenare le mie parole, i miei gesti, ed addirittura la mia memoria, ma sarai un tiranno a cui non mi assoggetterò mai. Con coraggio e gioia continuerò a vivere, con vigore a tenerti testa ed affrontarti ogni giorno.
Mi porterai patimenti che sconfineranno lo strazio fisico: immolerò i miei desideri al tuo altare, ma esclusivamente per mia morale incorruttibile. Non sarò madre per mia scelta: perché io ho le spalle larghe ed adulte per sopportare le tue ingiustizie e subire i tuoi castighi. Perché non tollero la sola idea che questi tormenti possa patirli un mio figlio, e che le “pozioni” per tenerti a bada possano alterarne la sua normalità fisica. Anche se ci fosse un’unica possibilità su milioni che questo accada, io non azzardo su una vita che non mi appartiene. Sarà malaccetto per me non poter conoscere gli occhi di un mio bambino, malgradito non poterlo avere tra le braccia. Ma non biasimerò affatto coloro che vorranno osare a divenire genitori con attenzione, scrupolo e col supporto medico.
Non guiderò per responsabilità, per tutelare e proteggere gli altri, oltre che per cautelare me stessa. Pertanto questo "vicolo cieco", questa strada senza uscita, mi farà dipendere costantemente dagli altri, facendomi provare sempre quella sensazione di essere "una mendicante di passaggi"; non saranno gli altri a farmelo pesare, sarà qualcosa che partirà dal mio io più profondo.
Non avrò più la libertà di andare dove e quando lo desidero io, o di essere d'aiuto per gli altri a qualsiasi ora: questa è la più stretta delle catene. Dovrò trovare espedienti che rispondano alla mia umana necessità di "sentirmi un minimo indipendente negli spostamenti", così da non asfissiare.
Dunque, averti, per me, non implica "solo" il supplizio fisico nel corso di un attacco e nel post-crisi, o alcune pesanti controindicazioni dei farmaci: significa avere uno stravolgimento della propria vita, quella che si progettava con propositi meravigliosi e presupposti diversi. Averti, si traduce in un dispiacere a tuttotondo, che deve essere oltrepassato.
Ciò che ho narrato, mi manca immensamente come piccoli pezzi di un mosaico gigantesco, ma mi concentro su ciò che resta. Si vive di tanto altro; gioie, più o meno esili, che spesso si trascurano ma, se ben nutrite, riescono a compensare la bilancia nella sua interezza, andando a riempire quei tasselli da te trafugati.
Il mondo non lo sa, ma tutto questo insieme di cose grava in maniera importante.
Resto e resterò del pensiero che non devi averla vinta sulla mia felicità, sulla mia allegria di esistere, sui miei sorrisi: sono stati, sono e saranno sempre loro a vincerti.

Carmen

Presentazione
Sono il papà di un bimbo con epilessia generalizzata, ringraziando Dio in remissione da crisi grazie alla terapia quotidiana.
Lui è stato il motore per la nascita di AICE Valle d’Aosta ODV, di cui sono il Presidente.
Da almeno trent’anni anni scrivo poesie, basta cercare di me su Google, e solo nelle parole poetiche trovo il modo per mettere un minimo di ordine dentro di me, per cercare di dare un senso alle cose.
Questi scritti, su nostro figlio e la sua patologia, riflettono esattamente questa intima necessità. 


Insieme, a nuotare

Ora io devo scrivere,
e cuore non esploda.
Così provo a vivere
e prego che tu oda

dentro al tubo nero
di papà la cara voce.
Con te il mio pensiero,
con te verso la foce

tranquilla dello stare
insieme, a nuotare


Torino 13 febbraio 2024
Ore 17:25 - Mentre fai la RMN al cervello


***

Nel buio sta là, lá dove non vedo.
Epilessia sta muta, né io chiedo.

Sta muta

Foglie, e duri venti. Poi nella sera,
tra calde coperte, tra cuscini,
spenta la luce, fredda la cera,
col respiro tra i vostri crini,

nel sonno un gran sole mi abbaglia.
Questo l’ovile, questa la paglia


Aosta, 23 settembre 2024


***

Sette ottobre, dieci febbraio,
due spade, spade d'acciaio,
due date nella dura pietra:
o fronte, da cui non s’arretra.

La tua epilessia

Non di luoghi comuni, né frasi
fatte, né di pura saccenza,
né d'immaginata esperienza,
né paragoni con diversi casi,

no. Ma d'un cuore attento,
o solo d'un po' di ascolto,
di comprensione sul volto,
d'un abbraccio d'un momento.

Ecco di cosa abbiamo bisogno,
di forza, per un nuovo sogno

Aosta 6 ottobre 2024 

Con i Video

Presentazione
Mi chiamo Cecilia, soffro di epilessia dalla tenera età di 8 anni. Quando ero piccola era diagnosticata come “semplice” fotoparossismo, verso i 18 anni ha cambiato nome in quanto gli attacchi erano scatenati da crisi d’ansia fortissime e ha preso il nome di crisi ansioso-morfeiche (perché, appunto, le avevo solo di notte e solo dopo fortissimi attacchi d’ansia che non riuscivo ancora a gestire).
Da settembre 2015 ad aprile 2018 ho avuto solo questo tipo di crisi (non ricordo quante ma non tantissime).
Esente per altri 7 anni, a gennaio, febbraio e luglio di quest’anno, sono tornate. Completamente a caso, non ci sono fattori scatenanti, la terapia viene sempre assunta e non capisco. Inoltre, è mutato il mio post crisi: prima mi serviva dormire 5/6 ore per riprendermi con conseguenti dolori ai muscoli, ora mi riprendo subito, non dormo e non presento alcun indolenzimento muscolare.
Detto questo, ho una grandissima passione per i viaggi in solitaria, per la fotografia e la lettura.
Lavoro part time come segretaria per mio papà e a settembre inizierò un secondo lavoro nella mia birreria di fiducia. Nel mezzo, faccio qualche foto qua e là.  

Guarda il video - Cosa fare e non durante un attacco epilettico

Con la Musica


Presentazione
Eccomi! Mi chiamo Luca Nessi. Nato nel 1998 , sono un cantautore dalla Sardegna. In arte sono "Epileptic Punk" a causa delle mie radici nel pop punk californiano e... l'epilessia appunto! 😝
Ne soffro dall'età di 18 anni. Crisi generalizzate tonico cloniche ad oggi a cadenza mensilie circa. Inizialmente ignorata, con gli anni ho capito quanto l'epilessia ha cambiato la mia Vita e il mio modo di vederla.
Nella musica trovo un modo di espirimermi e aspiro sempre a portare qualcosa di significato. Credo che ognuno può dare il suo battito di ali.
Al di fuori della musica ho un diploma di perito elettronico e ho basi di studio per modellazione 3D finalizzata alla stampa stereolitografica.
Infine...Ho una mascotte! Un dinosauro astronauta!🦖🌌 Anche Astrosauro o Dinonauta. Come preferite diciamo.
Con se porta una favoletta ed il messaggio che le nostre stranezze e diversità vanno accettate e sono le parti più belle di noi.
E chi le coglie, chi le ama, è la nostra "casa".
Per sensibilizzare, le forme d'arte hanno la capacità di creare veri ponti di empatia.
E tra i versi e le note è dove ho deciso di raccontare l'epilessia.
Strappando magari un sorriso con il mio caro dinosauretto astronauta che simboleggia la bellezza nelle diversità!
Lo scopo ultimo è poter far conoscere la malattia e catturare l'attenzione delle persone e dei più piccoli con un tocco di magico e unione. Senza nascondere chi sono.
L'epilessia può togliere tanto ma mi ha regalato voce e sensibilità da lasciare in questo puntino blu. A me e tante altre persone.
Questa è la nostra storia. 

Titolo del brano: "La Canzone di Claire"
Dedicata a Claire Wineland ed atta a sensibilizzare riguardo la Fibrosi Cistica, "La canzone di Claire" celebra la Vita, l'amore per essa oltre il dolore e ogni incertezza. Per chi vuole vivere una Vita di cui esserne orgoglioso.
"In fondo al tunnel c'è sempre speranza, diffondi gentilezza con costanza"
Guarda il video


Titolo del brano: "Hole In One"
Una canzone per i sognatori! Prende il golf e lo trasforma in una simpatica metafora di chi vuole raggiungere traguardi incredibili, forse impossibili, dando poco ascolto al caro cervello. Ma per chi vive i sogni, è così: Diamo tutto noi stessi. Il viaggio è la nostra destinazione.
"Che sia vittoria o sconfitta torneremo a casa a mangiarci finalmente una pizza. Ordina tu, a me va bene Margherita"
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Titolo del brano: "Whiskey e Melanconia"
Non possono far male giorni ormai finiti. L' intera canzone ruota all'affermazione di questo verso con toni contrastanti. In verità il passato può continuare a vivere in noi, anche se non tornerà mai. Sta a noi decidere cosa tenere stretto e cosa lasciare andare. Solo allora non faranno più male giorni finiti.
"Mi domando: C'è forse un senso? Scompariremo con il tempo? Non importa, ti vorrò bene lo stesso"
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BCC Valdostana

Con il Corpo

Presentazione
Io sono mamma di due bimbi 4 e quasi 3 anni
La grande soffre di assenze (ne ha avute due ieri, arrivano improvvisamente anche dopo mesi che sta bene) e ho notato che spesso sono legate a stress emotivo (anche di tipo positivo, come il ferragosto in compagnia di amici tutta la giornata tante emozioni e mancanza di pisolino pomeridiano)
Sono insegnante di yoga e mi sto specializzando in yoga per bambini (perché lo yoga può fare molto bene anche in questi casi al sistema nervoso)
E da tanto ho idea di fare un libro per bambini, per parlare loro e spiegare la loro "malattia" facendoli sentire "speciali" in qualche modo
È una malattia molto difficile da spiegare a dei bambini, da tanto anche mi interrogo su cosa prova il bimbo quando ha una crisi o sta per averla(la sente arrivare? Ansia angoscia? Ne è consapevole? Si ricorda dopo? Insomma tante domande a cui i piccoli non possono rispondere ma magari con vostro aiuto potremmo affrontare la malattia più da dentro, con una visione che parta davvero dall' interno)
Ho cercato qualche libro che per bambini che affrontasse l’argomento e con delusione ho trovato davvero poco poco.. motivo in più per lavorare a un bel progetto.
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A me piace molto la visione antica dell' epilessia come "male che colpisce le persone speciali" un tempo consideravano quelle piccole interruzioni come momenti magici di connessione con altri mondi, e si parlava proprio di persone con una sensibilità diversa.
Ovviamente è una visione più poetica che prettamente medico/scientica, ma nella mia idea mi piacerebbe trasmettere anche questo ai bimbi, farli sentire prima di tutto speciali invece che malati..
Per aiutarli a sviluppare consapevolezza, e ridurre magari il rifiuto, la rabbia o la vergogna per ciò che gli accade 

Il progetto
Per quanto riguarda lo yoga, ci sono diversi studi pubblicati anche su riviste scientifiche (vedi neurology) in cui si dimostra l' efficacia della pratica di yoga già nei bambini per il controllo delle Crisi Epilettiche.
Uno studio ha dimostrato che lo yoga può ridurre la frequenza delle crisi epilettiche, suggerendo che possa avere un effetto sulle crisi stesse.
Riducendo le crisi e l'ansia, lo yoga può avere un impatto positivo generale sul benessere e sulla vita quotidiana dei bambini
Io sto studiando un corso specifico per i bambini e mi piacerebbe molto trovare un luogo dove poter fare alcuni corsi proprio dedicati ai bambini con epilessia.
Per quanto riguarda i cavalli invece, abbiamo una amica di un maneggio che possiede 5 pony piccoli e un bel maneggio tranquillo dove si potrebbero organizzare dei pomeriggi di ritrovo per le famiglie, magari per condividere un momento insieme, di scambio e intanto fare fare ai bimbi un giro sul pony .. più o meno era questa la mia idea: un momento di incontro

Riflessioni intorno all'epilessia
Dalla prima crisi di mia figlia (oramai sono passati due anni) ho iniziato a interrogarmi e pormi tante domande.
Mi sono chiesta quale è esattamente la definizione di malattia?
Nell'antichità, la malattia veniva definita come una perturbazione degli equilibri naturali, come lo squilibrio dei umori (teoria di Ippocrate e Galeno) o l'alterazione del rapporto tra uomo e ambiente.
Una perdita di equilibrio dunque e da qui mi è sorta un'alta domanda: e la malattia di un figlio cosa è? Quando si ammala un figlio, noi genitori ci possiamo considerare sani? O il dolore e le preoccupazioni che proviamo, non perturbano a tal punto la nostra tranquillità o i pensieri da diventare malattia a loro volta?
Dopo più di un mese di ricovero insieme alla mia bimba, in cui cercavo di sorridere, confortarla e mostrarmi (per quanto possibile) serena davanti a lei, così piccola da non essere neanche ancora capace a parlare, sola giorni e notti intere passate seduta su una dura sedia di plastica blu vicino al letto, ritornata a casa sono precipitata in un costante stato di ansia, colpita da quello che nel DSM viene definito disturbo post traumatico da stress, attraversando giorni e mesi in uno stato di confusione così grave che avrei potuto a mia volta essere ricoverata.
Sono stata capace di riconoscere i sintomi, di avere abbastanza consapevolezza per capire che non avevo bisogno di farmaci che facessero velocemente passare o nascondessero ciò provavo ma dovevo trovare sostegno, comprensione per elaborare il trauma, capire che la vita era cambiata, e che andava affrontata ma solo sentire che non ero sola.
Ho provato una grande gioia il giorno in cui ho scoperto che nella regione dove mi ero trasferita, esisteva un'associazione che parlava di noi, parlava a noi e per noi. Per creare unione, rete, difesa di diritti che non sono garantiti né scontati.
Quando una malattia cronica entra nella vita di una famiglia, una malattia che può portare con se disabilità niente può e deve essere come prima: c'è bisogno di fermarsi e riflettere bene sul valore che attribuiamo, in modo anche automatico e inconscio, su parole quali malattia, disabilità.
In una società che ci spinge sempre di più ad adottare un'ideale (peraltro non reale) di vita basato sulla forza, vigore, perfezione e performance
Lo stigma sull'epilessia è ancora forte, tanto che può essere considerato più dannoso e grave della malattia stessa, perché è lo stigma che induce a vergognarsene, quindi a sentirsi socialmente segnati.
E se invece lasciassimo ogni pregiudizio e provassimo a riformulare tutta la storia, e ad annullare la carica "negativa" a cui siamo abituati a associare certe parole e iniziassimo a riconsiderare i valori ed i giudizi a cui siamo abituati
Cosa è la malattia? Un'occasione per fermarci a riflettere
Cosa è l' epilessia? Un momento di disconnessione e di interruzione, di pausa in un mondo che sembra andare a velocità accelerata, dove tutti corrono senza sembra avere più tempo
L' epilessia ci obbliga a fermarci, obbliga le famiglie di bambini colpiti a cambiare ritmi e rallentare, ma può diventare un'occasione di incontro se impariamo a camminare insieme, a fermarci e tendere la mano, accogliere.
Cambiamo i parametri di valutazione: malattia è quell'ideale di benessere e performance a cui questa società ci ha abituato, epilessia è un momento di incontro per imparare che ogni individuo va accolto con la sua storia, le sue difficoltà e che non c'è una velocità a cui dobbiamo vivere questa vita, non c'è un obbligo di correre sempre, ma ci può essere apertura, cambio di vedute, si può accogliere chi ogni tanto (per qualche motivo) ha bisogno di disconnettersi, di assentarsi, di fermarsi prima di riprendere la propria strada, perché in fondo non c'è nessun posto verso cui dobbiamo correre e arrivare.
Sarebbe bello imparare a fermarci di più, uniti e saperci prendere per mano nelle difficoltà.
L'unico segreto in questa vita è stare bene con sé stessi. Solo allora ovunque andrai sarà il posto più bello del mondo. E spesso ciò che ci fa stare più male non è la malattia in sé, ma il giudizio che gli altri le attribuiscono.

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Studio DGM associati ingegneria civile Valle d'Aosta

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Valle d’Aosta ODV (AICE Valle d'Aosta ODV)

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